Musée du Quai Branly : l'esposizione temporanea "Kanak. L'art est une parole” - parte 1

L'esposizione temporanea "Kanak. L'Art est une Parole" al Musée du Quai Branly è creata sotto forma di Grande Casa, tipica dei kanak: all'entrata abbiamo delle statue in legno che rievocano i defunti e manifestano la loro presenza tra i vivi, accompagnati dal suono del flauto, interpretazione del canto del mondo antecedente alla parola. Nel cammino circolare della mostra, si entra e si esce accompagnati da queste statue; i titoli delle sezioni sono delle parole o delle figure in lingua ajië, una delle 28 lingue comuni.

Il percorso dell'esposizione è strutturato in un confronto tra "visi e riflessi", “némèè ma komèè”, che costituiscono la doppia faccia di una stessa realtà.

Némèè, il "viso", reinvia alla loro immagine e all'immagine che loro vogliono dare: qua si esprime il modo di pensare kanak. Nell'esposizione sono cinque i visi che rappresentano i cinque principi fondamentali alla base della loro concezione del mondo e guidano le loro azioni: il verbo e la parola, la Grande Casa e il suo paese, il taro (un tipo di patata) e il legno, gli Antenati e il genio, le persone e i legami.

Komèè, il "riflesso", parla del mondo kanak visto dagli altri, quindi Occidentali e in particolare la Francia: "la conoscenza che si ha di se stessi è arricchita attraverso la visione che si ha dall'esterno" dice Emanuel Kasarhérou, ricercatore incaricato della missione oltre oceano. Ogni viso kanak si confronta col suo riflesso: lo sguardo degli Illuministi, la descrizione scientifica, la propaganda coloniale, la riappropriazione della loro immagine e la permanenza della parola.

Dato che i visi sono situati fuori dal tempo per esprimere la permanenza della cultura kanak, i riflessi si succedono cronologicamente, illustrando l'evoluzione della percezione secondo le vicissitudini della storia. Alla fine del percorso, visi e riflessi si incontreranno per fondersi nel tempo presente.